La storia di Emanuele


La storia del Piccolo Carabiniere
28 settembre 2000: nasce Emanuele
La storia di mio figlio inizia come quella di tutti i bambini. Nasce da un amore e cresce in una famiglia come tante: mamma, papà, una sorella più grande, i nonni, gli zii.
E’ un bambino come gli altri, un angioletto pieno di vita e di cose da fare. Va a scuola volentieri, a quattro anni comincia a suonare il pianoforte, studia l’inglese, fa karate, gioca a calcio. E’ appassionato di astronomia e legge i libri di Margherita Hack, che lui chiama “la signora delle stelle”.
Da grande vuol fare il carabiniere. L’ha deciso il giorno in cui ha visto il film su Salvo D’Acquisto, quello con Massimo Ranieri. Dice che un carabiniere deve parlare l’inglese per svolgere indagini internazionali e deve essere un campione di karate per combattere contro i nemici. Perciò studia e si impegna al massimo. Tutti i giorni vuole passare davanti al monumento di fronte alla caserma di Cologno Monzese intitolata a Salvo, a due passi da casa nostra. E ogni 23 settembre (anniversario dell’eroico sacrificio di D’Acquisto) e ogni 25 aprile gli porta un mazzo di fiori.
Primavera 2007
Emanuele ha 6 anni. Frequenta la prima elementare. A marzo cambia scuola. Nuovi insegnanti, nuovi compagni. Lui si trova subito bene, è felice.
Studia. Corre la Stramilano. Il 17 maggio farà il suo secondo concerto di pianoforte. Gioca. Legge. A maggio diventerà cintura arancione di karate.
10 aprile 2007: mattina
Mio figlio ha mal di pancia. Viene il dottore e ci consiglia di andare al pronto soccorso.
Ospedale San Raffaele. Pronto soccorso. Attesa. Visita. Attesa. Esame. Attesa. Altro esame. Passano così otto ore.
Emanuele ha paura, è tutto nuovo per lui, non ha mai visto un dottore finora. Si sforza di restare tranquillo, vuol fare l’ometto. Solo lo sguardo impaurito tradisce la sua ansia. Lo tranquillizzo. Si fida di me, purtroppo, sono la sua mamma! Vuol fare il bravo: otto ore di visite e controlli senza un capriccio e senza mai dire no.
Finalmente la diagnosi: appendicite. Bisogna operare. Subito.
Lo accompagniamo in sala operatoria, mio marito e io. Lui ci arriva sulle sue belle gambette sane e forti. Sale da solo sul lettino. E’ impaurito ma non versa una lacrima.
10 aprile 2007: tarda serata
Tutto è pronto. Gli do un bacio. L’ultimo.
Aspettiamo in pediatria. Il lettino è pronto da ore. Nessuno ci dice niente. Preoccupazione. Ansia. Panico!
Ma ecco quattro dottori in camice. Chi sono?
“Signora, abbiamo avuto un problema: 15 minuti senza ossigeno al cervello!”
Cosa? Che vuol dire? Aspettate! Se ne vanno.
Noi non capiamo. Cos’è successo? Un problema! Che problema? Ossigeno? Cervello? CHE VUOL DIRE? Nessuno ci spiega niente. Incubo! Il pensiero si ghiaccia. Poi esplode.
Terapia intensiva.....
Emanuele il 10 aprile del 2007 entrò all'ospedale San Raffaele di Milano per una semplice operazione di appendicite, ma durante la preanestesia, è in corso il procedimento penale per verificare le responsabilita' che sono state individuate a carico dei 4 anestesisti che sono intervenuti su emanuele , è rimasto in anossia per 15 minuti o più, successivamente è rimasto in terapia intensiva per 2 mesi e ha subito l'asportazione della tecafrontale perchè la pressione endocranica è aumentata a dismisura.Il 28 maggio 2007 è stato dimesso con la corteccia celebrale distrutta, il cervelloa macchia di leopardo, senza osso frontale e in stato di coma neurovegetativo ericoverato presso la clinica riabilitativa "La nostra famiglia" di BosisioParini (LC). Da allora viene nutrito artificialmente.Il 10 settembre è tornato al San Raffale di Milanp per rimettere la teca frontale è stato ricoverato presso la clinica di Bosisio.Emanuele ha subito in totale 5 operazioni. ATTUALMENTE E' A CASA DOVE HA BISOGNO DI ASSISTENZA 24 ORE SU 24




La salvezza di Emanuele

Emanuele ha bisogno di cure per poter ritornare
come era prima, un bambino sano. Nonostante riversi in uno stato di coma
neurovegetativo "irreversibile", noi genitori, con il sostegno di familiari e
amici ormai in tutto il mondo, non vogliamo arrenderci. Non smettiamo mai di
cercare in tutti i modi informazioni su una possibile riabilitazione più rapida,
cure d'avanguardia o anche un'eventuale ennesima operazione, in Italia o nel
mondo. Grazie alla diffusione della notizia e al vostro
contributo, questi sogni possono diventare realtà ed Emanuele potrà tornare a
sorridere.

ORA EMANUELE E' A CASA A COLOGNO MONZESE E HA BISOGNO DI ASSISTENZA 24 ORE SU 24

Ringraziamenti

Ringraziamo tutte le persone che ci sono vicini, i familiari, gli amici di tutto il mondo che prodigano per aiutarci contattando medici, ricercando nuove informazioni e ci sostengono in tutti i modi possibili.
Ringraziamo i Carabinieri, la Polizia, l'Esercito e tutte le Forze dell'Ordine, i genitori, le maestre e le suore dell'Asilo Amalia di Cologno Monzese, la scuola elementare Manzoni, l'Istuto Elementare San Giuseppe di Milano, il Sindaco Soldano e il comune di Cologno Monzese, Emilio Fede, la
"Signora delle stelle" Dott. Margherita Hack, Marco Materazzi e Ivan Ramico Cordoba dell'Inter, il ministro dell'istruzione Fioroni e tutte quelle altre
persone da tutte le parti d'Italia che sono venute a trovare Emanuele.
Ringraziamo tutti i bambini che hanno spedito disegni e le loro mamme che continuano a sostenerci.
Ringraziamo infine le centinaia di persone che ci hanno inviato cartoline da tutti e 5 i continenti.
Anche tu puoi partecipare sostenendoci nella ricerca di una cura per Emanuele, anche solo lasciando una traccia del tuo passaggio su questo blog.
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lunedì 17 novembre 2008

LA STORIA DEL PICCOLO CARABINIERE

28 settembre 2000: nasce Emanuele

La storia di mio figlio inizia come quella di tutti i bambini. Nasce da un amore e cresce in una famiglia come tante: mamma, papà, una sorella più grande, i nonni, gli zii.

E’ un bambino come gli altri, un angioletto pieno di vita e di cose da fare. Va a scuola volentieri, a quattro anni comincia a suonare il pianoforte, studia l’inglese, fa karate, gioca a calcio. E’ appassionato di astronomia e legge i libri di Margherita Hack, che lui chiama “la signora delle stelle”.

Da grande vuol fare il carabiniere. L’ha deciso il giorno in cui ha visto il film su Salvo D’Acquisto, quello con Massimo Ranieri. Dice che un carabiniere deve parlare l’inglese per svolgere indagini internazionali e deve essere un campione di karate per combattere contro i nemici. Perciò studia e si impegna al massimo. Tutti i giorni vuole passare davanti al monumento di fronte alla caserma di Cologno Monzese intitolata a Salvo, a due passi da casa nostra. E ogni 23 settembre (anniversario dell’eroico sacrificio di D’Acquisto) e ogni 25 aprile gli porta un mazzo di fiori.

Primavera 2007

Emanuele ha 6 anni. Frequenta la prima elementare. A marzo cambia scuola. Nuovi insegnanti, nuovi compagni. Lui si trova subito bene, è felice.

Studia. Corre la Stramilano. Il 17 maggio farà il suo secondo concerto di pianoforte. Gioca. Legge. A maggio diventerà cintura arancione di karate.

10 aprile 2007: mattina

Mio figlio ha mal di pancia. Viene il dottore e ci consiglia di andare al pronto soccorso.

Ospedale San Raffaele. Pronto soccorso. Attesa. Visita. Attesa. Esame. Attesa. Altro esame. Passano così otto ore.

Emanuele ha paura, è tutto nuovo per lui. Si sforza di restare tranquillo, vuol fare l’ometto. Solo lo sguardo impaurito tradisce la sua ansia. Lo tranquillizzo. Si fida di me, purtroppo, sono la sua mamma! Vuol fare il bravo: otto ore di visite e controlli senza un capriccio e senza mai dire no.

Finalmente la diagnosi: appendicite. Bisogna operare. Subito.

Lo accompagniamo in sala operatoria, mio marito e io. Lui ci arriva sulle sue belle gambette sane e forti. Sale da solo sul lettino. E’ impaurito ma non versa una lacrima.

10 aprile 2007: tarda serata

Tutto è pronto. Gli do un bacio. L’ultimo.

Aspettiamo in pediatria. Il lettino è pronto da ore. Nessuno ci dice niente. Preoccupazione. Ansia. Panico!

Ma ecco quattro dottori in camice. Chi sono?

“Signora, abbiamo avuto un problema: 15 minuti senza ossigeno al cervello!”

Cosa? Che vuol dire? Aspettate! Se ne vanno.

Noi non capiamo. Cos’è successo? Un problema! Che problema? Ossigeno? Cervello? CHE VUOL DIRE? Nessuno ci spiega niente. Incubo! Il pensiero si ghiaccia. Poi esplode.

Terapia intensiva


Corriamo al reparto Terapia intensiva. Qualcuno ci ha detto che nostro figlio è là. Ci precipitiamo. Porta chiusa. Suoniamo il campanello. Entriamo: Emanuele!

Intubato. Aghi nel collo, nelle braccia, nelle caviglie. Il torace blu per colpa del defibrillatore.

Nudo, coperto solo da un lenzuolo, livido, martoriato come il Cristo del Mantegna.

E tutti quei rumori, di quelle macchine che lo tengono in vita.


Ricordo che pensavo “speriamo che non l’abbiano lasciato solo e che non abbia sofferto”.

Non mi rendevo conto. Non è possibile! Perché al mio angelo?

Aveva ancora i capelli. Il sabato successivo glieli hanno rasati.

Cos’è successo?

Perché gli sono mancati 15 minuti di ossigeno? Non si sa. Il fatto è che senza ossigeno i neuroni sono morti a grappoli. E da lì è finito e cominciato tutto.

Quattro giorni dopo


Nel pieno dell’incubo!

Devono trapanargli la testa per misurare la pressione endocranica (dentro il cranio) che sale vertiginosamente. Emanuele è in pericolo di vita. Gli asportano d’urgenza la teca frontale, l’osso della fronte. Lo rompono in più pezzi altrimenti il cervello non troverebbe spazio per aumentare il proprio volume. Si sta espandendo, si gonfia, si gonfia, come un pallone e adesso che c’è solo la pelle a coprirlo, sporge all’infuori.

Terribile? Spaventoso? Atroce? Non c’è una parola sufficiente.

Rimarrà così per tanti mesi. In costante pericolo di vita. Continuamente lo sottopongono all’ipotermia, cioè gli abbassano la temperatura del corpo per controllare meglio la situazione. Succede di tutto. Gli fanno anche una trasfusione e gli somministrano farmaci. Molti e molto potenti.

Non scorderò mai più in tutta la vita il suo pianto continuo. Lo sento appena si aprono le porte di Terapia intensiva. E’ l’unico che piange. Lui vuole la sua mamma ma io non posso stargli accanto se non negli orari permessi. Perché ci sono le regole.

28 maggio 2007

Emanuele viene trasferito alla clinica La Nostra Famiglia di Bosisio Parini, Lecco.

Altra sofferenza! Per stargli accanto devo affidare ai miei genitori mia figlia di 13 anni, mentre mio marito vive con me in clinica e passa le notti in un appartamento in affitto. Le spese, e sono molte, a carico nostro.

Emanuele ha la fronte gonfissima perché il cervello è fuoriuscito ormai dalla cavità cranica e non è ancora tornato alle sue dimensioni normali.

Bosisio Parini: clinica di riabilitazione

E’ un mondo a parte. La valle della sofferenza dei bambini. Emanuele piange, piange. Viene alimentato artificialmente con un sondino naso-gastrico, la testa fasciata. Una sofferenza indicibile! Passano i giorni, i mesi.

Gli tolgono le bende. E’ senza capelli, rasato a zero. Una cicatrice immensa, larga un dito. Sembra un’aureola. La pelle tenuta insieme da una cucitura e da graffette di metallo come quelle per i documenti. La ferita è fresca. Ci fanno raccomandazioni, non bisogna toccarla: rischio infezioni. Le medicazioni sono dolorose.

Inizia la fisioterapia, per evitare l’atrofia di muscoli e nervi, e la logopedia, per cercare di recuperare e mantenere la capacità di deglutizione, che per il momento non sembra compromessa del tutto.

Emanuele non fa altro che piangere. Non parla, non ride più, non suona più il piano, non gioca, non studia. Non può più fare niente di tutto ciò che faceva prima di quel 10 aprile maledetto. Gli hanno spezzato le ali della vita!

Non ha più alcun diritto, tranne quello di soffrire e di piangere.

Ogni movimento è sofferenza. Emanuele piange continuamente, forse anche solo per comunicare. Chissà.

Settembre 2007: inizio del mese
Emanuele viene portato di nuovo al San Raffaele. Arriviamo il lunedì alle 15 e facciamo non poca fatica ad organizzarci perché spostare il bambino e coordinare per giorni i vari controlli, i pasti e tutto il resto non è facile.

Mercoledì

Operazione per rimettere al suo posto l’osso autologo, vale a dire l’osso frontale di Emanuele. L’intervento dura tutta la mattina.

Giovedì Giornata tranquilla.
Venerdì

Gli mettono la PEG per l’alimentazione artificiale: un tubicino che attraverso l’addome porta il cibo alla stomaco. Due giorni di vomito a causa dell’anestesia e tantissimi altri problemi. Le informazioni sono latenti.

Lunedì

Torniamo a Bosisio. Io e mia mamma con Emanuele, mio marito a casa con nostra figlia.

Fra fisioterapia, logopedia, alimentazione e tutto il resto si sta in ballo da mattina a sera e anche la notte e bisogna essere in due per darsi il cambio. Perché Emanuele ha bisogno di tutto: quindi non ci possiamo permettere neanche un minuto di disattenzione.

4 ottobre 2007

Inizio uno sciopero della fame per ottenere attenzione e riuscire così a scoprire se c’è un qualche posto al mondo dove possano curare Emanuele e farlo migliorare il più possibile.

Tante promesse e tanto fumo. La realtà è che siamo soli e abbandonati a noi stessi. Tutti si aspettano da noi rassegnazione e pensano senza dircelo “portatevi a casa vostro figlio e arrangiatevi, che tanto così rimarrà per sempre”.

Quando chiediamo informazioni e aiuto tutte le porte ci vengono sbattute in faccia.

Nel frattempo ci alterniamo al capezzale di Emanuele perché anche nostra figlia ha bisogno della sua mamma.


Riesco ad ottenere qualche passaggio TV e qualche articolo. Le cose si muovono. Con l’aiuto di tante persone contattiamo centri europei e americani e raggiungiamo anche un dottore inglese che con un certo farmaco risveglia i pazienti dal coma neurovegetativo. Sotto stretto controllo medico lo proviamo su Emanuele, ma purtroppo non fa effetto.


12 dicembre 2007

Vogliono dimettere Emanuele ma gestirlo a casa sarebbe impossibile, gli spazi non sono ancora adeguati, dobbiamo fare tanti lavori, dobbiamo attrezzarci, c’è bisogno di tante cose. Secondo sciopero della fame: Emanuele rimane a Bosisio.

Passano i mesi. Contattiamo altri centri, riceviamo risposte e informazioni. Finalmente entro in contatto con una mamma italiana che sta curando suo figlio in Florida, negli USA.

Grazie all’aiuto di tanti amici, gente comune che vuole aiutare Emanuele, raccogliamo i fondi necessari per la terapia.

22 Aprile 2008


Partiamo per gli States!

Un volo umanitario, organizzato dall’Aeronautica Militare, ci porta a Fort Lauderdale dove, così come molti altri bambini italiani, Emanuele viene curato: ossigenoterapia (per fornire il “carburante” ai neuroni), fisioterapia intensiva (per stimolare una possibile ripresa), logopedia (per abituarlo di nuovo a mangiare da solo), terapia cranio-sacrale (utile per mantenere la funzionalità del corpo e degli organi interni).


15 Ottobre 2008

Rientriamo, per mancanza di fondi, con un nuovo volo umanitario.


Oggi

Emanuele è a casa. Ha bisogno di ore e ore di assistenza e cura giornaliera, ma le istituzioni, pur facendo del loro meglio, garantiscono solo una piccola parte del necessario. Purtroppo i malati allettati sono numerosi e molti sono bambini.

Noi facciamo di tutto per aiutare nostro figlio, e tante persone comuni, amici ma anche sconosciuti, ci aiutano come possono. Il buon cuore però non basta, ci vogliono fondi. Le esigenze sono moltissime, tutte cose assolutamente indispensabili.

Purtroppo questa è la vita reale.


Emanuele da grande voleva fare il carabiniere e servire la Patria …


SALVIAMO EMANUELE!

Tutti insieme. CONTRIBUITE ANCHE VOI!


Informazioni dettagliate e contatti diretti con la famiglia sul blog WWW.SALVIAMOEMANUELE.BLOGSPOT.COM


C/C 500

intestazione: Salviamo Emanuele

coordinate bancarie: IBAN IT22 D 05584 32970

Banca Popolare di Milano, filiale di Cologno Monzese (MI)


GRAZIE! di cuore dalla famiglia Lo Bue