giovedì 3 dicembre 2009
2 Dicembre 2009
Il drammatico caso del piccolo Emanuele Lo Bue oggi é noto a quasi tutti gli Italiani, grazie anche ai diversi canali di comunicazione attraverso i quali é stato veicolato : emittenti televisive e radiofoniche, giornali, social network, blog, persino il passaparola.
Dal 10 aprile 2007, fatidico giorno in cui il piccolo di Cologno Monzese entrava tristemente a far parte della tanto lunga quanto inaccettabile lista dei casi di malasanità italiana, le Istituzioni di pertinenza restavano quasi sorde ai vari appelli della famiglia Lo Bue, disattendendo la tutela dei diritti di questa piccola vittima e garantendo solo parzialmente i servizi socio-sanitari di cui necessitava.
Nonostante i due scioperi della fame di Eleonora Crespi, “madre coraggio” del piccolo Emanuele,
l' impasse di tale situazione evolve solo ad aprile 2009 attraverso l'intervento de La Destra di Francesco Storace, che si fa portavoce delle istanze della famiglia Lo Bue e che assume l'impegno non solo politico, ma anche civile e morale di far rispettare i diritti del piccolo Emanuele sino a quel momento esiguamente riconosciuti.
Infatti le problematiche socio-sanitarie irrisolte che attraversavano il caso Lo Bue, prima di allora, erano molteplici come d'altra parte in tutti i casi di coloro che appartengono alla categoria dei soggetti con disabilità sia acquisita che congenita.
In Italia non sappiamo esattamente quante siano le persone con Grave Cerebrolesione Acquisita (GCA), secondo una recente stima potrebbero essere 14.000, numero difficilmente contenibile nelle attuali strutture ospedaliere, data soprattutto l'insufficienza dei posti-letto.
Questi dati sono in forte aumento e se da una parte oggi la medicina ottiene buoni risultati, riuscendo a salvare molte vite, dall'altra sono ancora lacunosi i servizi di supporto, in special modo domiciliari, dopo la fase di ospedalizzazione.
La famiglia di un paziente con GCA, dopo le “dimissioni”dalla struttura ospedaliera inizia a brancolare nell'oscurità di una informazione fortemente incompleta che, se fornita correttamente, indicherebbe l'iter più idoneo da seguire per fornire al proprio congiunto, in stato di coma permanente, la migliore assistenza possibile.
Pertanto l'esigenza gestionale del proprio dramma induce i familiari ad attingere qua e là informazioni sporadiche e slegate, che forniscono indicazioni tra loro disarticolate e che difficilmente faranno raggiungere un buon risultato finale.
L'anello mancante di un' adeguata assistenza é costituito proprio dall'assenza di un “modello organizzativo” atto a trattare, sotto il profilo socio-sanitario, la fase post-traumatica. Bisogna sottolineare che le lesioni cerebrali comportano diversi gradi di gravità che non consentono nemmeno alla scienza di valutare la durata di uno stato vegetativo , né l' esito. Nessuna certezza , dunque, di irreversibilità.
In virtù di questo postulato, l'impegno de La Destra sarà finalizzato, attraverso proposte mirate, all'attuazione di migliori strategie di intervento riabilitativo ed assistenziale a beneficio della persona con grave cerebrolesione acquisita, al fine di un reinserimento sociale e , dove fosse possibile, lavorativo.
E' d'obbligo altresì sottolineare che nel nostro Paese l'associazionismo ed il volontariato rappresentano un'importante realtà che opera per il diritto alla salute, nel rispetto della dignità dei malati. Tuttavia é necessario che anche le Istituzioni si impegnino maggiormente creando migliori condizioni per garantire un'assistenza più adeguata e soprattutto completa. E' indispensabile che sia la politica che la comunità scientifica non perdano mai di vista la centralità della figura del malato, i suoi diritti alla qualità della vita e alla sua dignità come persona. Diritti ancora oggi non sufficientemente tutelati. E' da tenere presente che il dramma della persona con GCA non é un concetto individuale, ma coinvolge tutto il nucleo familiare da un punto di vista affettivo, economico, sociale, lavorativo. L 'intento é quello di fornire ed ottimizzare un servizio sistematico che sia capace di affiancare costantemente il paziente ed i suoi familiari, tenendo presente che la “vita é vita fino all' ultimo istante”.Il supporto psicologico insieme ai trattamenti medicali, assume dunque una fondamentale funzione di regolamentazione e controllo bio-sociale che possa rispondere alle più profonde angosce di tutti i soggetti interessati.
Deve essere fatto,inoltre, un grande sforzo sul versante della comunicazione, della formazione e dell'informazione, quest'ultima anche attraverso la diffusione di brochure, depliant, audiocassette e videocassette reperibili presso le ASL, le strutture ospedaliere e presso gli studi dei medici di base. Si dovrebbe inoltre promuovere la convergenza dello sforzo istituzionale e del volontariato, nel senso di una operatività integrata che risponda alle istanze del paziente in modo congruo.
L'attuazione dunque di una sinergica interconnessione dei servizi e delle prestazioni socio-sanitarie di cui dovrebbe usufruire il malato, interviene così nel dibattito sulla centralità del paziente, sostenendola e valorizzandola attraverso un approccio non solo medico, ma anche bio-psico-sociale.
Il 18 dicembre 2009 avrà luogo, presso il Tribunale del capoluogo lombardo, la prima udienza del processo penale che stabilirà le responsabilità dei 4 medici anestesisti dell' ospedale San Raffaele di Milano, coinvolti nell "caso" del piccolo Emanuele Lo Bue.
Ricordiamo che il bambino il 10 aprile del 2007, sottoposto ad intervento chirurgico per
un' appendicectomia, usciva dalla sala operatoria in stato di coma causato da anossia conseguente la mancata erogazione di ossigeno al cervello per 17 minuti.
Tutt'oggi sussiste nel piccolo Emanuele lo stato di coma permanente.
Nonostante l'inaccettabile lungaggine dei tempi per le indagini preliminari, sommata a quelli dell'iter processuale , sulla quale si dovrebbe aprire un serio dibattito politico almeno nei casi di malasanità, tutti coloro che seguono il dramma della famiglia Lo Bue ripongono ampia fiducia nella Giustizia italiana.
La sentenza stabilirà naturalmente i vari gradi delle presunte responsabilità dei soggetti coinvolti, ma lungi dal fare alcuna retorica, che qui risulterebbe di cattivo gusto e fuori luogo, é implicito che nessun tribunale potrà mai restituire la “normalità” di vita così drammaticamente “scippata” ad un bambino ed ai suoi genitori.
Certamente casi come questo devono indurre all'assunzione di maggiore diligenza e scrupolosità da parte di tutti coloro che sono deputati alla tutela della salute pubblica.
Siamo tuttavia rincuorati dalla solidarietà espressa alla famiglia dal Presidente della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sugli errori in campo sanitario e del suo intento di sottoporre il “Caso Lo Bue” all'attenzione della stessa Commissione , al fine di accertare e sanzionare ogni responsabilità.
La gente che segue con sensibilità e partecipazione il “Caso Lo Bue” attenderà con trepidante attesa l'esito di questa drammatica vicenda ed insieme alla sua mamma siamo certi che il piccolo Emanuele, oltre ogni attestazione medico- scientifica, percepisca forte e chiaro l'amore di tutti gli Italiani.
Jenny Zagami (Dirigente Nazionale Settore Volontariato La Destra)
(Dirigente Nazionale Settore Sanità La Destra)